Masukotto Ningyo
Le Imon Ningyo o Masukotto Ningyo (dal francese “mascotte”) erano bambole raffiguranti donne o ragazze che le donne giapponesi donavano ai soldati durante la guerra del Pacifico (dagli anni ’30 alle Seconda Guerra Mondiale).
Erano solitamente semplici, realizzate con scampoli di kimono o altri abiti e spesso scuole e associazioni, organizzavano corsi per insegnare alle ragazze a realizzarle.
Anche i piloti del Kamikaze Tokkotai spesso compivano il loro ultimo volo con la tenera compagnia di una di queste bambole.
Tutto questo inoltre pare collegarsi alla tradizione degli amuleti che solitamente i samurai portavano addosso (Omamori) ed alla concezione tipicamente giapponese (shintoista) secondo la quale anche le bambole hanno una loro “anima” chiamata Tamashi che è emanazione dello spirito di chi ha realizzato la bambola.
8 comments:
Che storia triste quella di queste bamboline che accompagnavano i kamikaze nel sacrificio estremo :(
B.
Bhè si credo sia triste per il valore che attribuiamo noi alla vita...
Pero' chissa' forse è più triste morire per uno stupido incidente stradale o per una brutta malattia, non so sono cose sulle quali mi trovo talvolta a riflettere e non risco a dare una risposta, perchè forse risposta non c'è...
Non so se oggi puoi vedere la foto, io trovo che il volto di quel soldato sia illuminato comunque dalla gioia.
Oggi ho cliccato sulla foto più e più volte, fino a quando non sono riuscita a vederla!!
Comunque credo che potremmo vedere un sorriso anche sulla faccia dei moderni "kamikaze"...Io non credo alla vita dopo la morte, credo invece che questi giovani, che, ieri come oggi, si immolano per una causa, siano stati illusi e fomentati...ma la causa non vale assolutamente una vita!!
Ciao,
B.
Non credo che alla base dei kamikaze reali (non i bombaroli odierni) ci fosse solo illusione o istigazione.
Da quel poco che so i kamikaze nel senso proprio del termine "vento divino" con questo atto estremo che prendeva di mira sempre e solo obbiettivi militari (e non mercati o scuole come accade con i bombaroli di oggi) saldavano il "debito" che avevano con l'Imperatore e quindi il paese.
Un po' come quando un samurai eseguiva hara-kiri per il proprio Daimyo.
Nessuno ingannava queste persone (come accade invece oggi con la storia che poi se muori vai in paradiso con un sacco di belle ragazze...),nè venivano costretti con la forza (ancora mi ricordo la foto sul giornale di quel ragazzino imbottito di esplosivo che chiedeva aiuto ai presunti nemici perchè lo aiutassero a disinnescarsi le cariche).
Insomma per quanto dura e opinabile la motivazione che poteva spingere i kamikaze giapponesi a fare un gesto estremo, non me la sento di non provare sincera stima per un cosi' grande coraggio.
Riguardo il fatto che come dici tu "la causa non vale una vita", credo sia una frase sulla quale ci sia tanto di riflettere, prima di dirmi d'accordo con te o meno credo che dovrei pensare forse a quale è alla fine il senso della vita...
E siccome non sono per niente un illuminato (ma una besticcia direi piuttosto eheheh) non ti so ancora dare una risposta !
Tornando ad un discorso più leggero...già ti vedo clikkare furiosamente sull'immagine per farla apparire a mo di "genio della lampada" AHAHAHAHH....
Sul discorso kamikaze non mi trovi d'accordo: ho letto molto e parlato con persone esperte di storia giapponese e mi sono fatta un'idea distante da quella che vuole tramandare il kamikaze come un eroe: erano solo ragazzi che venivano ingannati e "mandati al macello".
Rispetto la tua opinione e a questo punto mi vedo costretto a documentarmi maggiormente (^-^)...
Un buon libro sull'argomento è "Vento Divino. La vera storia dei Kamikaze" di Rikihei Inoguchi, Tadashi Nakajima e Roger Pineau, casa editrice Longanesi, che ti fa capire le condizioni in cui versava l'esercito giapponese al momento della decisione di utilizzare le squadre speciali di kamikaze.
Ciao,
B.
Sono giusto tornato da un giro in libreria..adesso mi segno il titolo...ARIGATOU !
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